Claudio Monteverdi
L'Orfeo
Favola in musica di Claudio Monteverdi
rappresentata in Mantova l'anno 1607
e nuovamente data in luce
al Serenissimo Signor D. Francesco Gonzaga
Principe di Mantova, Monferrato, etc.
rappresentata in Mantova l'anno 1607
e nuovamente data in luce
al Serenissimo Signor D. Francesco Gonzaga
Principe di Mantova, Monferrato, etc.
Libretto di Alessandro Striggio
PROLOGO
ToccataRitornello
LA MUSICA
Dal mio Permesso amato a voi ne vegno,
incliti eroi, sangue gentil del regi,
di cui narra la Fama eccelsi pregi,
nè giugne al ver perch'è troppo alto il segno.
Ritornello
Io la Musica son, ch'ai dolci accenti
so far tranquillo ogni turbato core,
et or di nobil ira, ed or d'amore
posso infiammar le più gelate menti.
Ritornello
Io su cetera d'or, cantando soglio
mortal orecchio lusingar talora
e in guisa tal de l'armonia sonora
de la lira del ciel più l'alme invoglio.
Ritornello
Quinci a dirvi d'Orfeo desio mi sprona
d'Orfeo che trasse al suo cantar le sfere
e servo fe' l'inferno a sue preghiere
gloria immortal di Pindo e d'Elicona.
RitornelloOr mentre i canti alterno, or lieti, or mesti,
non si mova augellin fra queste piante,
nè s'oda in queste rive onda sonante,
ed ogni Auretta in suo camin s'arresti.
Ritornello
ATTO I
PASTOREIn questo lieto e fortunato giorno
ch'ha posto fine a gli amorosi affanni
del nostro Semideo, cantiam, pastori,
in sì soavi accenti
che sian degni d'Orfeo nostri concenti.
Oggi fatta è pietosa
l'alma già sì sdegnosa
della bella Euridice.
Oggi fatta è felice
Orfeo nel sen di lei, per cui già tanto
per queste selve ha sospirato, e pianto.
Dunque, in sì lieto e fortunato giorno
ch'ha posto fine a gli amorosi affanni
del nostro Semideo, cantiam, pastori,
in sì soavi accenti
che sian degni d'Orfeo nostri concenti.
CORO NINFE, PASTORI
Vieni, Imeneo, deh vieni
e la tua face ardente
sia quasi un Sol nascente
ch'apporti à questi amanti i dì sereni
e lunge ormai disgombre
de gli affanni e del duol gli orrori e l'ombre.
NINFA
Muse onor di Parnaso, amor del cielo,
gentil conforto a sconsolato core,
vostre cetre sonore
squarcino d'ogni nube il fosco velo;
e mentre oggi propizio al vostro Orfeo
invochiam Imeneo
su ben teamprate corde.
Sia il nostro canto co'l vostro suon concorde.
NINFE, PASTORI
Lasciate i monti, lasciate i fonti,
ninfe vezzose e liete,
e in questi prati ai balli usati
leggiadro il piè rendete.
Qui miri il sole vostre carole
più vaghe assai di quelle,
ond'a la Luna, a notte bruna,
danzan in ciel le stelle.
Ritornello
Lasciate i monti, lasciate i fonti,
ninfe vezzose e liete,
e in questi prati a i balli usati
leggiadro il piè rendete.
Poi di bei fiori, per voi s'onori,
di questi amanti il crine,
ch'or dei martiri dei lor desiri
godon beati al fine.
Ritornello
PASTORE
Ma tu, gentil cantor, s'a' tuoi lamenti
già festi lagrimar queste campagne,
perché ora al suon de la famosa cetra
non fai teco gioir le valli e i poggi?
Sia testimon del core
qualche lieta canzon che detti Amore.
ORFEO
Rosa del ciel, vita del mondo, e degna
prole di lui che l'aniverso affrena,
Sol, che'l tutto circondi e 'l tutto miri,
da gli stellati giri,
dimmi: vedeste mai
di me più lieto e fortunato amante?
Fu ben felice il giorno,
mio ben, che pria ti vidi,
e più felice l'ora
che per te sospirai,
poichè al mio sospirar tu sospirasti.
Felicissimo il punto
che la candida mano
pegno di pura fede a me porgesti.
Se tanti cori avessi
quant'occhi al ciel eterno e quante chiome
han questi colli ameni il verde maggio
tutti colmi sarieno e traboccanti
di quel piacere ch'oggi mi fa contento.
EURIDICE
Io non dirò qual sia
nel tuo gioire, Orfeo, la gioia mia,
chè non ho meco il core,
ma teco stassi in compagnia d'Amore.
Chiedilo dunque a lui s'intender brami
quanto lieta gioisca, e quanto t'ami.
NINFE, PASTORI
Lasciate i monti, lasciate i fonti,
ninfe vezzose e liete,
e in questi prati ai balli usati
leggiadro il piè rendete.
Qui miri il Sole vostre carole
più vaghe assai di quelle,
ond'a la Luna, a notte bruna,
danzan in ciel le stelle.
Ritornello
CORO NINFE, PASTORI
Vieni, Imeneo, deh vieni
e la tua face ardente
sia quasi un Sol nascente
ch'apporti à questi amanti i dì sereni
e lunge ormai disgombre
de gli affanni e del duol gli orrori e l'ombre.
PASTORE
Ma s' il nostro gioir dal ciel deriva,
com'è dal ciel ciò che quaggiù incontra,
giusto è ben che devoti
gl'offriam incensi e voti.
Dunque al tempio ciascun rivolga i passi
a pregar lui ne la cui destra è il mondo,
che lungamente il nostro ben conservi.
Ritornello
PASTORI
Alcun non sia che disperato in preda
si doni al duol, benché talor si assaglia
possente sì che nostra vita inforsa.
Ritornello
NINFE, PASTORI
Chè, poi che nembo rio, gravido il seno
d'atra tempesta inorridito ha il mondo,
dispiega il sol più chiaro i rai lucenti.
Ritornello
PASTORI
E dopo l'aspro gel del verno ignudo
veste di fior la primavera i campi.
NINFE, PASTORI
Ecco Orfeo, cui pur dianzi
furon cibo i sospir bevanda il pianto,
oggi felice è tanto
che nulla è più che da bramar gli avanzi.
ATTO II
SinfoniaORFEO
Ecco pur ch'à voi ritorno
care selve e piaggie amate,
da quel Sol fatte beate
per cui sol mie notti han giorno.
Ritornello
PASTORE
Mira ch'a se n'alletta
l'ombra, Orfeo, de' tuoi faggi
or ch' infocati raggi
Febo dal ciel saetta.
Ritornello
Su questa erbosa sponda
posiamci, e 'n vari modi
ciascun sua voce snodi
al mormorio de l'onde.
Ritornello
DUE PASTORI
In questo prato adorno
ogni selvaggio Nume
sovente ha per costume
di far lieto soggiorno.
Ritornello
Qui Pan, Dio de' Pastori,
s'udì talor dolente
rimembrar dolcemente
suoi sventurati amori.
Ritornello
Qui le Napee vezzose,
schiera sempre fiorita,
con le candide dita
fur viste a coglier rose.
NINFE, PASTORI
Dunque fa' degni, Orfeo,
del suon della tua lira.
Questi campi ove spira
aura d'odor sabeo.
Ritornello
ORFEO
Vi ricorda o boschi ombrosi,
de' miei lunghi aspri tormenti,
quando i sassi a' miei lamenti
rispondean fatti pietosi?
Ritornello
Dite, allor non vi sembrai
più d'ogni altro sconsolato?
Or fortuna ha stil cangiato
ed ha volti in festa i guai.
Ritornello
Vissi già mesto e dolente.
Or gioisco e quegli affanni
che sofferto ho per tant'anni
fan più caro il ben presente.
Ritornello
Sol per te, bella Euridice,
benedico il mio tormento.
Dopo 'l duol vi è più contento,
dopo il mal vi è più felice.
PASTORE
Mira, deh mira, Orfeo, che d'ogni intorno
ride il bosco e ride il prato.
Segui pur col plettro aurato
d'addolcir l'aria in sì beato giorno.
MESSAGGERA
Ahi, caso acerbo!
Ahi, fato empio e crudele!
Ahi, stelle ingiuriose!
Ahi, ciel avaro!
PASTORE
Qual suon dolente il lieto dì perturba?
MESSAGGERA
Lassa, dunque, debb'io,
Mentre Orfeo con sue note il ciel consola,
con le parole mie passargli il cuore?
PASTORE
Questa è Silvia gentile,
dolcissima compagna
de la bella Euridice,
oh quanto è in vista dolorosa.
Or che fia?
Deh sommi Dei,
non torcete da noi benigno il guardo.
MESSAGGERA
Pastor lasciate il canto,
ch'ogni nostra allegrezza
in doglia è volta.
ORFEO
Donde vieni?
Ove vai?
Ninfa che porti?
MESSAGGERA
A te vengo Orfeo,
messaggera infelice
di caso più infelice e più funesto.
La tua bella Euridice...
ORFEO
Ohimé che odo?
MESSAGGERA
La tua diletta sposa è morta.
ORFEO
Ohimé.
MESSAGGERA
In un fiorito prato
con altre sue compagne,
giva cogliendo fiori
per farne una ghirlanda alle sue chiome,
quando angue insidioso,
ch'era fra l'erbe ascoso,
le punse un piè con velenoso dente.
Ed ecco immantinente,
scolorirsi il bel viso
e ne' suoi lumi sparir que' lampi,
ond' ella al Sol fea scorno.
Allor noi tutte sbigottite e meste
le fummo intorno richiamar
tentando gli spirti in lei smarriti
con l'onda fresca e con possenti carmi.
Ma nulla valse, ahi lassa,
ch'ella i languidi lumi alquanto aprendo,
e te chiamando, Orfeo,
dopo un grave sospiro,
spirò fra queste braccia,
ed io rimasi pieno il cor di pietade e di spavento.
PASTORE
Ahi, caso acerbo!
Ahi, fato empio e crudele!
Ahi, stelle ingiuriose!
Ahi, ciel avaro!
SECONDO PASTORE
A l'amara novella
rassembra l'infelice un muto sasso
che per troppo dolor non può dolersi.
Ahi, ben avrebbe un cor di tigre o d'orsa
chi non sentisse del tuo mal pietade.
Privo d'ogni tuo ben, misero amante.
ORFEO
Tu se' morta, mia vita, ed io respiro?
Tu se' da me partita
per mai più non tornare, ed io rimango?
No, che se i versi alcuna cosa ponno,
n'andrò sicuro a' più profondi abissi
e, intenerito il cor del Re de l'ombre,
meco trarròtti a riveder le stelle.
O se ciò negherammi empio destino,
rimarrò teco in compagnia di morte.
Addio Terra, addio Cielo, e Sole, addio.
NINFE, PASTORI
Ahi, caso acerbo!
Ahi, fato empio e crudele!
Ahi, stelle ingiuriose!
Ahi, ciel avaro!
Non si fidi uom mortale
di ben caduco e frale
che tosto fugge, e spesso
a gran salita il precipizio è presso.
MESSAGGERA
Ma io ch'in questa lingua
ho portato il coltello
ch'ha svenato ad Orfeo l'anima amante,
odiosa ai Pastori e alle Ninfe,
odiosa a me stessa, ove m'ascondo?
Nottola infausta,
il Sole fuggirò sempre
e in solitario speco
menerò vita al mio dolor conforme.
Sinfonia
PASTORI
Chi ne consola, ahi lassi?
O pur chi ne concede
negl'occhi un vivo fonte
da poter lagrimar come conviensi
in questo mesto giorno,
quanto più lieto già tant'or più mesto?
Oggi turbo crudele
i due lumi maggiori
di queste nostre selve,
Euridice ed Orfeo,
l'una punta da l'angue,
l'altro dal duol trafitto,
ahi lassi, ha spenti.
NINFE, PASTORI
Ahi, caso acerbo!
Ahi, fato empio e crudele!
Ahi, stelle ingiuriose!
Ahi, ciel avaro!
PASTORI
Ma dove, ah, dove or sono
de la misera ninfa
le belle e fredde membra,
dove suo degno albergo
quelle bell'alma elesse
ch'oggi è partita in sul fiorir dei giorni?
Andiam pastori, andiamo
pietosi a ritrovarle,
e di lagrime amare
il dovuto tributo
per noi si paghi almeno al corpo esangue.
PASTORI
Ahi, caso acerbo!
Ahi, fato empio e crudele!
Ahi, stelle ingiuriose!
Ahi, ciel avaro!
Ritornello
ATTO III
SinfoniaORFEO
Scorto da te mio nume
speranza unico bene
de gli afflitti mortali,
ormai son giunto
a questi mesti e tenebrosi e regni
ove raggio di sol giamai non giunse.
Tu mia compagna e duce
in così strane e sconosciute vie
reggesti il passo debole e tremante,
onde ancor spero
di riveder quelle beate luci
che sole a gli occhi miei portano il giorno.
SPERANZA
Ecco l'atra palude, ecco il nocchiero
che trae gli ignudi spirti a l'altra riva
dove ha Pluton de l'ombre il vasto impero.
Oltre quel nero stagno, oltre quel fiume,
in quei campi di pianto e di dolore,
destin crudele ogni tuo ben t'asconde.
Or d'uopo e d'un gran core e d'un bel canto.
Io fin qui t'ho condotto, or più non lice
teco venir, chè amara legge il vieta.
Legge scritta col ferro in duro sasso
de l'ima reggia in su l'orribil soglia,
che in queste note il fiero senso esprime.
Lasciate ogni speranza o voi ch'entrate.
Dunque, se stabilito hai pur nel core
di porre il piè ne la città dolente,
da te men' fuggo e torno
a l'usato soggiorno.
ORFEO
Dove, ah dove te 'n vai,
unico del mio cor dolce conforto?
Poiché non lunge omai
del mio lungo cammin si scopre il porto,
perché ti parti e m'abbandoni, ahi lasso,
sul periglioso passo?
Qual bene or più m'avanza
se fuggi tu, dolcissima Speranza?
CARONTE
O tu ch'innanzi morte a queste rive
temerato ten' vieni, arresta i passi:
Solcar quest'onde ad uom mortal non dassi,
nè può co' morti albergo aver chi vive.
Che vuoi forse, nemico al mio signore,
Cerbero trar de le Tartaree porte?
O rapir brami sua cara consorte
d'impudico desire acceso il core?
Pon freno al foll'ardir, ch'entr' al mio legno
non accorrò più mai corporea salma,
sì de gli antichi oltaggi ancora ne l'alma
serbo acerba memoria e giusto sdegno.
Sinfonia
ORFEO
Possente Spirto e formidabil nume,
senza cui far passaggio a l'altra riva
alma da corpo sciolta in van presume.
Ritornello
Non viv'io, no, che poi di vita è priva
mia cara sposa, il cor non è più meco,
e senza cor com'esser può ch'io viva?
Ritornello
A lei volt'ho 'l camin per l'aër cieco,
a l'Inferno non già, ch'ovunque stassi
tanta bellezza il paradiso ha seco.
Ritornello
Orfeo son io che d'Euridice i passi
segue per queste tenebrose arene,
ove già mai per uom mortal non vassi.
O de le luci mie luci serene
s'un vostro sguardo può tornarmi in vita,
Ahi, chi nega il conforto a le mie pene ?
Sol tu, nobile dio puoi darmi aita,
nè temer dei, ché sopra un'aurea Cetra
Sol di corde soavi armo le dita
contra cui rigida alma invan s'impetra.
CARONTE
Ben mi lusinga alquanto
dilettandomi il core,
sconsolato cantore,
il tuo pianto e 'l tuo canto.
Ma lunge, ah, lunge sia da questo petto,
pietà, di mio valor non degno affetto.
ORFEO
Ahi, sventurato amante!
Sperar dunque non lice
ch'odan miei prieghi i cittadin d'Averno?
Onde qual ombra errante
d'insepolto cadavero infelice,
privo sarò del cielo e de l'Inferno?
Così vuol empia sorte
che in questi orrori di morte
da te mio cor lontano,
chiami tuo nome in vano,
e pregando e piangendo io mi consumi?
Rendetemi il mio ben, tartarei numi.
Sinfonia
Ei dorme, e la mia cetra,
se pietà non impetra
ne l'indurato core, almen il sonno
fuggir al mio cantar gli occhi non ponno.
Su dunque a che più tardo?
Tempo è ben d'approdar su l'altra sponda,
s'alcun non è ch'il nieghi,
vaglia l' ardir se foran vani i preghi.
E vago fior del tempo l'occasion,
ch'esser dee colta a tempo.
Mentre versan quest'occhi amari fiumi
rendetemi il mio ben tartarei numi!
Sinfonia
SPIRITI INFERNALI
Nulla impresa per uom si tenta invano,
nè contra lui più sa natura armarse.
Ei de l'instabil piano
arò gli ondosi campi, e 'l seme sparse
di sue fatiche, ond'aurea messe accolse.
Quinci perché memoria
vivesse di sua gloria,
la Fama adir di lui sua lingua sciolse,
ch'ei pose freno al Mar col fragil Legno,
che sprezzò d'Austro e d'Aquilon lo sdegno.
Sinfonia
ATTO IV
PROSERPINASignor, quell'infelice,
che per queste di morte ampie campagne
va chiamand' Euridice,
ch'udit' hai tu pur dianzi
così soavemente lamentarsi,
moss'ho tanta pietà dentr'al mio core
ch' un'altra volta io torno a porger prieghi
perché il tuo Nume al suo pregar si pieghi.
Deh, se da queste luci
amorosa dolcezza unqua traesti,
se ti piacque il seren di questa fronte
che tu chiami tuo Cielo, onde mi giuri,
di non invidiar sua sorte a Giove,
pregoti, per quel foco,
con cui già la grand'alma Amor t'accese,
fa' ch'Euridice torni
a goder di quei giorni
che trar solea vivendo in feste e in canto,
e del misero Orfeo consola il pianto.
PLUTONE
Benché severo ed immutabil fato
contrasti, amata sposa, i tuoi desiri,
pur nulla omai si nieghi
a tal beltà congiunta a tanti prieghi.
La sua cara Euridice
contra l'ordin fatale Orfeo ritrovi;
ma pria che tragga il piè da questi abissi
non mai volga ver lei gli avidi lumi,
chè di perdita eterna
gli fia certa cagion un solo sguardo.
Io così stabilisco. Or nel mio regno
fate, o ministri il mio voler palese,
sì che l'intenda Orfeo
e l'intenda Euridice,
né di cangiarlo altrui sperar più lice.
SPIRITI INFERNALI
O, degli abitator de l'ombre eterne
possente re, legge ne fia tuo cenno,
chè ricercar altre cagioni interne
di tuo voler nostri pensier non denno.
Trarrà da quest'orribili caverne
sua sposa Orfeo, s'adoprerà suo senno
sì che nol vinca giovanil desio,
né i gravi imperi suoi sparga d'oblio?
PROSERPINA
Quali grazie ti rendo
or che sì nobil dono
concedi a' prieghi miei, signor cortese?
Sia benedetto il dì che pria ti piacqui,
benedetta la preda e 'l dolce inganno,
poiché per mia ventura
feci acquisto di te perdendo il Sole.
PLUTONE
Tue soavi parole d'amor l'antica piaga
rinfrescan nel mio core;
così l'anima tua non sia più vaga
di celeste diletto
sì ch'abbandoni il marital tuo letto.
SPIRITI INFERNALI
Pietade, oggi, e Amore
trionfan ne l'Inferno.
Ecco il gentil cantore,
che sua sposa conduce al Ciel superno.
Ritornello
ORFEO
Quale onor di te fia degno,
mia cetra onnipotente,
s'hai nel Tartareo regno
piegar potuto ogni indurata mente?
Ritornello
Luogo avrai fra le più belle
immagini celesti
ond'al tuo suon le stelle
danzeranno in giri or tardi or presti.
Ritornello
Io per te felice appieno
vedrò l'amato volto,
e nel candido seno
de la mia donna oggi sarò raccolto.
Ma mentre io canto, ohimé, chi m'assicura
ch'ella mi segua? Ohimé, chi mi nasconde
de l'amate pupille il dolce lume?
Forse d'invidia punte
le deità d'Averno
perch'io non sia quaggiù felice appieno
mi tolgono il mirarvi,
luci beate e liete,
che sol col guardo altrui bear potete?
Ma che temi, mio core?
Ciò che vieta Pluton, comanda Amore.
A Nume più possente,
che vince uomini e Dei,
ben ubbidir devrei.
(Qui si fa strepito dietro alla Scena)
Ma che odo, ohimé lasso?
S'arman forse a' miei danni
con tal furor le furie innamorate
per rapirmi il mio ben? ed io 'l consento?
O dolcissimi lumi, io pur vi veggio,
io pur: ma quale eclissi, ohimè, v'oscura?
UNO SPIRITO
Rott'hai la legge, e se' di grazia indegno.
EURIDICE
Ahi, vista troppo dolce e troppo amara;
Così per troppo amor dunque mi perdi?
Ed io, misera, perdo
il poter più godere
e di luce e di vita, e perdo insieme
te, d'ogni ben mio più caro, o mio consorte.
SPIRITI INFERNALI
Torna a l'ombre di morte,
infelice Euridice,
nè più sperar di riveder le stelle
ch'omai fa sordo a' prieghi tuoi l'Inferno.
ORFEO
Dove ten' vai, mia vita? Ecco io ti seguo.
Ma chi me 'l niega, ohimè? Sogno o vaneggio?
Qual occulto poter di questi orrori,
da questi amati orrori
mal mio grado mi tragge e mi conduce
a l'odiosa luce?
Sinfonia
SPIRITI INFERNALI
E la virtute un raggio di celeste bellezza,
pregio dell'alma ond'ella sol s'apprezza.
Questa di tempo oltraggio
non teme, anzi maggiore
ne l'uom rendono gli anni il suo splendore.
Orfeo vinse l'Inferno e vinto poi
fu da gli affetti suoi.
Degno d'eterna gloria
fia sol colui ch'avrà di sè vittoria.
Sinfonia
ATTO V
RitornelloORFEO
Questi i campi di Tracia, e quest'è il loco
dove passommi il core
per l'amara novella il mio dolore.
Poi che non ho più speme
di ricovrar pregando,
piangendo e sospirando
il perduto mio bene,
che poss'io più se non volgermi a voi,
selve soavi, un tempo
conforto a' miei martir, mentre al ciel piacque,
per farvi per pietà meco languire
al mio languire?
Voi vi doleste, o monti, e lagrimaste,
voi, sassi, al dispartir del nostro sole,
ed io con voi lagrimerò mai sempre,
e mai sempre darommi, ahi doglia, ahi pianto!
ECO
Hai pianto!
ORFEO
Cortese Eco amorosa,
che sconsolata sei,
e consolar mi vuoi ne' dolor miei,
benché queste mie luci
sien già per lagrimar fatte due fonti,
in così grave mia fera sventura
non ho pianto però tanto che basti.
ECO
Basti.
ORFEO
Se gli occhi d'Argo avessi,
e spandessero tutti un mar di pianto,
non fora il duol conforme a tanti guai
ECO
Ahi!
ORFEO
S'hai del mio mal pietade io ti ringrazio
di tua benignitade.
Ma mentr'io mi querelo,
deh, perché mi rispondi
sol con gli ultimi accenti?
Rendimi tutti integri i miei lamenti.
Ma tu anima mia se mai ritorna
la tua fredda ombra a queste amiche piagge,
prendi da me queste tue lodi estreme,
ch'hor a te sacro la mia cetra e 'l canto,
come a te già sopra l'altar del core
lo spirto acceso in sacrifizio offersi.
Tu bella fusti e saggia, e in te ripose
tutte le grazie sue cortese il cielo,
mentre ad ogni altra de' suoi don fu scarso.
D'ogni lingua ogni lode a te conviensi,
ch'albergasti in bel corpo alma più bella,
fastosa men quanto d'onor più degna.
Or l'altre donne son superbe e perfide
ver chi le adora, dispietate instabili,
prive di senno e d'ogni pensier nobile,
onde a ragion opra di lor non lodansi;
quinci non fia giamai che per vil femmina
Amor con aureo stral il cor trafiggami.
Sinfonia
APOLLO
Perché a lo sdegno ed al dolor in preda
così ti doni, o figlio?
Non è, non è consiglio
di generoso petto
servir al proprio affetto;
quinci biasimo e periglio
già sovrastar ti veggio
onde movo dal ciel per darti aita.
Or tu m'ascolta e n'avrai lode e vita.
ORFEO
Padre cortese, al maggior uopo arrivi,
ch'a disperato fine
con estremo dolore
m'avean condotto già sdegno ed amore.
Eccomi dunque attento a tue ragioni,
celeste padre: or ciò che vuoi m'imponi.
APOLLO
Troppo, troppo gioisti
di tua lieta ventura;
or troppo piangi
tua sorte acerba e dura.
Ancor non sai
come nulla quaggiù diletta e dura?
Dunque se goder brami immortal vita
vientene meco al ciel, ch'a sé t'invita.
ORFEO
Sì non vedrò più mai
de l'amata Euridice i dolci rai?
APOLLO
Nel sole e ne le stelle
vagheggerai le sue sembianze belle.
ORFEO
Ben di cotanto padre
sarei non degno figlio
se non seguissi il tuo fedel consiglio.
APOLLO E ORFEO
(ascendono al ciel cantando)
Saliam cantando al cielo,
dove ha virtù verace
degno premio di sé, diletto e pace.
Ritornello
CORO DI PASTORI
Vanne Orfeo, felice appieno,
a goder celeste onore
là ove ben non mai vien meno,
là ove mai non fu dolore,
mentr'altari, incensi e voti
noi t'offriam lieti e devoti.
Così va chi non s'arretra
al chiamar di nume eterno,
così grazia in ciel impetra
chi quaggiù provò l'inferno.
E chi semina fra doglie
d'ogni grazia il frutto coglie.
Moresca