domenica 11 ottobre 2009

Guida ai cento dischi più belli del mondo


Guida ai cento dischi più belli del mondo

di Riccardo Lenzi (critico musicale de L'Espresso)


Avvicinarsi alla musica colta attraverso i dischi è la cosa più facile e difficile che ci sia. Facile perchè, empiricamente, basta infilare un compact disc in un lettore per ricavarne le note musicali predilette. Difficile, perchè è proprio nel lavoro di selezione di un brano, nella scelta a monte di una data interpretazione che entrano in gioco i fattori culturali, il buon gusto. Senza dimenticare che il mezzo, il lettore cd, cambia il suono e modifica la percezione del fenomeno musicale. Non a caso, molti anni fa, quando le radio si diffusero nelle abitazioni private, il filosofo Theodor Adorno e il musicista Arnold Schonberg si interrogarono sullo snaturamento del significato conoscitivo della musica che ne poteva derivare. Per fortuna, ad aiutarci, esistono riviste serie e guide specializzate come Gramophone, Diapason, Le Monde de la Musique, le edizioni Penguin o le italiane Musica ed Amadeus. Ma anche qui entrano in gioco fattori che possono distorcere l'obbiettivo del giudizio. Per esempio, nel caso della guida Gramophone che esce annualmente, un certo serpeggiante sciovinismo che favorisce gli interpreti inglesi e, nel caso di alcune riviste tedesche, un'eccessiva attenzione a certe case discografiche. Dunque un giornale che non ha case discografiche fra i suoi editori o finanziatori e non eccessive ridondanze patriottiche fra i motivi ispiratori del suo operare, avrà una maggiore libertà nell'effettuare la scelta.

La presente selezione ha dunque voluto salvaguardare parecchi brani celeberrimi, particolarmente attraenti per il melomane ancora inesperto, ma anche indirizzare l'ascoltatore verso autori e brani un po' più impegnativi, nella fiducia che, se non al primo ascolto, in seguito daranno altrettanta soddisfazione. Si tratta, in fin dei conti, di una vera e propria discoteca di base, dove, accanto ai brani arcinoti (le Quattro stagioni di Vivaldi o la Quinta sinfonia di Beethoven) ce ne sono altri di più ambiziosa esigenza intellettuale (dal Peter Grimes di Britten alle sinfonie di Sciostakovic) e altri ancora volti a rendere meno settario il confine fra la musica classica e quella più popolare (basti pensare a West Side Story di Bernstein o a Porgy and Bess di Gershwin).

Gli aspetti presi maggiormente in considerazione nell'effettuare la selezione sono stati quelli tipicamente musicali: il valore dell'opera incisa e la sua importanza storica. Quindi il valore dell'interpretazione, privilegiando quella che rende meglio i caratteri della composizione eseguita, la sua struttura, i suoi contenuti, spesso dando precedenza a quella che fa capire un aspetto inedito dell'opera. Senza trascurare, ovviamente, la fattura tecnica del disco, il modo in cui è stato registrato.

Ecco quindi l'ipotetica selezione dei cento migliori dischi, che in realtà concerne le cento migliori confezioni, valutando un box, poniamo composto da cinque cd, per un disco. Tenendo conto del fatto che la logica commerciale, che domina anche il mercato, moltiplica le edizioni della singola opera e i dischi ormai storici vengono tolti dal catalogo, terremo conto in futuro di eventuali aggiunte e miglioramenti, modificando la lista. Dunque, per ora, il catalogo è questo.



BACH. "Clavicembalo ben temperato". Si ha un bel dire che ai tempi del grande Johann Sebastian non esisteva il pianoforte. Suoni asciutti, quasi totale assenza del pedale, rallentamenti, indugi, ritmi idiosincratici: Glenn Gould ri-crea e a un livello tale da far assurgere la sua interpretazione ad opera d'arte (4 cd Sony lire 100 mila).
BACH. Concerti Brandeburghesi. Trevor Pinnock e l'English Concert assicurano l'ideale cocktail tra rispetto filologico e attesa di un pubblico neofita. (3 cd Archiv, lire 80 mila, con le Suite orchestrali). Ma la grande musicalità alla portata dei più è nell'edizione, con strumenti moderni, con l'English Chamber Orchestra diretta dal compositore Benjamin Britten (2 cd Decca, lire 35 mila).
BACH. Messa in si minore. Senz'altro gli amanti delle esecuzioni filologiche preferiranno i Gustav Leonhardt e i Tom Koopman. Una visione tardoromantica, appagante anche per i profani è però quella di Herbert von Karajan con i Berliner Philharmoniker e un cast di solisti di prim'ordine formato da Janowitz, Ludwig, Schreier, Kerns, Ridderbush (2 cd Dgg, lire 50 mila).
BACH. Passione secondo San Matteo. L'amor filologico suggerirebbe John Eliot Gardiner (3 cd Archiv, lire 110 mila). Ma chi vuole un impatto "forte", attento più che altro a creare un climax emotivo, si deve rivolgere alla versione di Klemperer (Emi, 3 cd, lire 80 mila) con Pears, Fischer-Dieskau, Schwarzkopf, Ludwig, Gedda e Berry.
BARTOK. Concerto per orchestra. Altra dimostrazione di suono da Fritz Reiner e dall'Orchestra di Chicago. I "Berliner d'America" non ci mettono solo una ferrea disciplina ma, ad esempio nel trascinante "gioco delle coppie", vero e proprio disinibente entusiasmo (cd Rca, lire 25 mila).
BEETHOVEN. Le nove sinfonie. Wilhelm Furtwängler è qui la pietra miliare. Persino il grande Karajan, dinanzi all'introduzione della Nona, al sincopato della Quinta, ai tragici strappi dei violoncelli nella Marcia Funebre della Terza, vien messo da parte. (5 cd Emi, lire 130 mila circa).
BEETHOVEN. Cinque concerti per piano e orchestra. Fra tanti grandi solisti, da Wilhelm Backhaus a Artur Rubinstein, da Rudolf Serkin a Maurizio Pollini, l'integrale che forse è più omogenea fra contributo solistico, orchestra e direttore è quella di Vladimir Ashkenazy alla tastiera con la magnifica, "rude" al punto giusto, Orchestra di Chicago diretta da Georg Solti (3 cd Decca, lire 50 mila).
BEETHOVEN. I sedici quartetti per archi. Solo il "Clavicembalo ben temperato" può sostenere l'importanza storica e teoretica di questi capolavori, vero e proprio punto di riferimento della musica occidentale. Il Vegh Quartet (8 cd Audivis, circa duecento mila lire), sostenuto dal suo grande primo violino, Sandor Vegh, ci prende per mano non sottovalutando i tesori di bellezze melodiche a discapito della problematicità formale e filosofica.
BEETHOVEN. Le 32 sonate per pianoforte. Wilhelm Kempff registrò due integrali, una fra il '51 e il '56, mono, e l'altra negli anni Sessanta, stereo. Siamo ai vertici assoluti della storia dell'interpretazione di questi brani (insieme alle registrazioni di Schnabel e Backhaus). Letture "neoclassiche": così le descrivono certi critici per il grande rispetto dello spartito e il tentativo di oggettivare ciò che vi è segnato sopra. Con i non disprezzabili vantaggi di ottime rese sonore e buoni prezzi. (8 cd Dgg, circa lire 200 mila).
BEETHOVEN. Missa Solemnis. Quando il coro della New Philharmonia inizia il fugato (nel Quoniam dal Gloria) i primi accenti di ogni parte sono talmente imperiosi da far venire in mente la possanza della volontà kantiana. Poi c'è il buon quartetto di solisti composto da Söderström, Höffgen, Kmentt e Talvela. Ma, più d'ogni altra cosa, c'è la bacchetta di Otto Klemperer, con un grande senso tragico della partitura (ascolta le dissonanze del "Crucifixus") (2 cd Emi, lire 56 mila). Nella versione toscaniniana sono in primo piano gli scultorei fiati e i concitati interventi della "Robert Shaw Chorale", a creare effetti che talvolta raggiungono la violenza espressiva. Con un'enfasi retorica che la impone(2 cd Bmg, lire 40 mila).
BELLINI. "Norma". Ovvero Maria Callas. In questi tre cd (Emi, lire 105 mila) registrata in una delle sue migliori annate (1954). E, nonostante l'incisione mono, di ottima resa sonora. Suoi inevitabili comprimari Ebe Stignani, Mario Filippeschi, Nicola Rossi-Lemeni, Paolo Caroli, Rina Cavallari. Con l'orchestra e il coro della Scala diretti dal "fedele" Tullio Serafin.
BERG. "Wozzeck". Secondo buona regola dell'Espressionismo è a tratti "terrificante" il suono che Claudio Abbado tira fuori dai Wiener Philharmoniker. Assecondato da un Franz Grundheber (nel ruolo del titolo) che dà luogo a una delle interpretazioni più tragiche della storia del teatro musicale registrato (2 cd Dgg, lire 70 mila).
BERG. Concerto per violino e orchestra "Alla memoria di un angelo". Isaac Stern e Leonard Bernstein interpretano questo brano come se l'autore fosse "l'ultimo dei mahleriani". C'è molta passione , molto romanticismo , e la New York Philharmonic "strappa" con i violoncelli e scaglia con gli strumenti a fiato verso il cielo frammenti di suoni che paiono interiezioni (cd Sony, lire 27 mila).
BERLIOZ. Sinfonia fantastica. Sir Colin Davis, alla replica in questo brano con i Wiener Philharmoniker (cd Philips, lire 35 mila), ne firma un classico acconto. La pazzia istrionica è però nelle diversissime (fra loro) interpretazioni di Roger Norrington con i London Classical Players (cd Virgin, lire 25 mila) e Leopold Stokowski a capo della London Symphony (cd Decca, lire 25 mila).
BERNSTEIN. "West Side story". Le canzoni "Maria" e "America" non potevano aver migliore interprete dell'autore stesso. I suoi strumenti sono Kiri Te Kanawa, Josè Carreras, Tatiana Trojanos e Marilyn Horne che, abbandonati gli abiti seriosi di esecutori classici, vestono quelli più vocalmente eccentrici di una serata passata ricordando gli anni d'oro di Broadway (2 cd Dgg, lire 70 mila).
BIZET. "Carmen". L'interpretazione, nel ruolo del titolo, di Teresa Berganza, si qualifica con i termini che varrebbero anche per il concetto di gitano: una libertà interiore assoluta, guidata solo dal proprio, individuale, libertino desiderio d'amore. E' Claudio Abbado che le dà un ordine, piegando la compassata London Sympony Orchestra a ritmi vorticosi e a una cantabilità mediterranea. Completano un fior di cast Ileana Cotrubas, Placido Domingo, Sherrill Milnes (3 cd Dgg, lire 110 mila lire).
BRAHMS. I due concerti per piano e orchestra. Tutti i grandi della tastiera vi hanno fatto vedere meraviglie (da Brendel a Pollini, da Serkin a Rubinstein, da Kovacevic ad Arrau). Ma dove il contributo dell'orchestra è decisivo è nell'accoppiata Emil Gilels (dal grande controllo delle sonorità, con vibrazioni straordinariamente regolari) - Eugen Jochum con i Berliner Philharmoniker (2 cd Dgg, lire 50 mila).
BRAHMS. Le sinfonie. Bruno Walter con l'Orchestra sinfonica Columbia è da quarant'anni la pietra di paragone (3 cd Sony, lire 70 mila): fremente negli attacchi impetuosi (la Prima sinfonia), romantico senza sdilinquimenti nei tempi lenti (ad esempio quello della Seconda). La resa sonora mette invece in risalto l'Orchestra London Philharmonic diretta da Eugen Jochum (in due album doppi della Emi con il Requiem tedesco diretto da Klaus Tennstedt, complessivamente lire 70 mila).
BRAHMS. Concerto per violino e orchestra. Quando Jascha Heifetz inizia la cadenza di questo concerto, fa letteralmente paura: registri sopracuti, tenuissimi glissandi, arpeggi, colpi d'archetto brucianti. Tutti e tre i tempi del concerto scorrono a velocità assai sostenute, ma la grandezza del violinista è tale da permettergli di cesellare allo stesso tempo i passaggi più intricati. E poi, c'è il raffinato accompagnamento dell'Orchestra di Chicago diretta da Fritz Reiner (cd Rca, lire 26 mila).
BRAHMS. "Ein deutsches Requiem". Ancora e sempre (dal '61) la voce luminosa di Elisabeth Schwarzkopf e un trentaseienne Dietrich Fischer-Dieskau al meglio della forma (ascolta l'afflatus drammatico del "Denn wir haben hie keine bleibende Statt"). E dal podio Otto Klemperer partecipa con religiosa commozione a capo dell'Orchestra Philharmonia (cd Emi, lire 25 mila).
BRITTEN. "Peter Grimes". Con il cast delle mitiche repliche del Covent Garden (Peter Pears, Claire Watson, James Pease, Jean Watson, Owen Brannigan, Geraint Evans) l'autore (che proprio su Pears aveva costruito musicalmente il protagonista) ci dà una di quelle interpretazioni definitive. Drammatica, potente, senza nessuna concessione ai sentimentalismi e ai facili effetti. Con un finale, la scena del suicidio di Peter, da conservare nel proprio archivio personale (3 cd Decca, lire 110 mila).
BRUCKNER. Le nove sinfonie. Sempre i Berliner Philharmoniker, che in questo repertorio la fanno da padroni. Herbert von Karajan sul piano della bellezza espressiva ha qualche cosa di più (9 cd Dgg, lire 150 mila). Ma, sempre con i Berliner, sono straordinari anche Eugen Jochum (alcune sinfonie con l'Orchestra della Radio Bavarese, 9 cd Dgg, lire 120 mila) e Daniel Barenboim (9 cd Teldec, lire 200 mila). Non va dimenticato il tutto-Bruckner di Celibidache, con delle interpretazioni della Quinta, Ottava e Nona sinfonia tanto personali (segnate da una grande libertà agogica) quanto indimenticabili (mancano la prima e la seconda sinfonia ma c'è la Messa in fa e il Te Deum per 12 cd Emi a lire 350 mila circa)
CHOPIN. I due concerti per piano e orchestra. In termini di autorevolezza ed eleganza la versione di Claudio Arrau domina il catalogo. Il suo lavoro sul testo è sempre frutto di elaborate ricerche intellettuali e Chopin vi vede le sue basi impiantate nella cultura tedesca. Buono l' apporto dell'orchestra London Philharmonic diretta da Elihau Imbal (cd Philips, lire 25 mila).
CHOPIN. I Notturni. Arthur Rubinstein deve molta della sua leggenda a queste incisioni. La limpidezza del suo tocco, il suo stile retorico declamatorio, nonostante gli anni, dettano ancora legge (2 cd Rca, lire 50 mila).
CHOPIN. Sette Polacche. Certo, nella vecchia (anni 30) incisione della Emi Artur Rubinstein era un'altra cosa: un turbine, una devastazione, dove potenza e agilità impressionarono talmente i tecnici addetti alla registrazione che - racconta la leggenda - si sprecarono gli svenimenti e le cure contro i problemi legati all'innalzamento di pressione. Ma purtroppo il risultato sonoro è stato penalizzato dal passare del tempo. Da questo punto di vista (purtroppo solo da questo) le incisioni di qualche decennio successivo sono un grande miglioramento. Intendiamoci: siamo sempre ai vertici assoluti dell'arte interpretativa (cd Rca , lire 35 mila)
CHOPIN. Seconda Sonata. La "Marcia funebre" nelle possenti mani di Vladimir Horowitz non è tragedia. Attraverso la sua scelta di tempi lenti, la potenza percussiva (l'aumento della forza dei bassi con trasporti d'ottava), i parossismi virtuosistici, la digitalità da sommo è disperato desiderio di vita, bisogno d'assoluto. (cd Rca, lire 25 mila).
CIAIKOVSKI. I tre concerti per piano e orchestra. Nell'integrale la fanno da padrona ormai da qualche decennio Emil Giles (straordinario soprattutto nel meno celebre Secondo eseguito con la scioltezza digitale di una corsa di gazzella) e Lorin Maazel e la New Philharmonia Orchestra (2 cd Emi al lire 40 mila). Ma i "primi" leggendari sono quelli di Horowitz e Toscanini, Richter e Karajan, la Argerich e Abbado.
CIAIKOVSKI. Le sinfonie. Ci sono le integrali "slave" di Svetlanov, Jansons, Rostropovich, Markevitch e Temirkanov. Quella "mahleriana" di Bernstein (Sony), quella un po' salottiera di Maazel. Ma la grande musica romantica dell'Ottocento fa capolino da quella di Herbert von Karajan (4 cd Dgg a lire 90 mila).
CIAIKOVSKI. "Lo Schiaccianoci". L'eleganza di Andre Previn e della London Symphony è inarrivabile. La musica del russo sembra essere ricreata per un salotto parigino d'inizio secolo (2 cd Emi, lire 45 mila).
CIAIKOVSKI. Concerto per violino e orchestra. Il crescendo violinistico prima del celebre tutti orchestrale (quello reso famoso dallo slogan pubblicitario) è da mozzare il fiato. Con Jascha Heifetz siamo di fronte al più grande violinista del secolo. Accompagnatori di lusso Fritz Reiner e la Chicago Symphony Orchestra (cd Rca, lire 25 mila).
DEBUSSY. Preludi (libro primo e secondo), Images, Children's Corner. La fredda, perlacea, meticolosa (nel rispetto di ogni segno), arte di Arturo Benedetti Michelangeli eccelle. Suoni intensi, tensione architettonica, rapporti scenografici, memori di Albeniz e Granados rivisitati attraverso i salotti parigini. Il pianoforte, sotto il suo tocco magico, diviene un'orchestra di memorie(2 cd Dgg, lire 70 mila)
DEBUSSY. "Pelléas et Mélisande". Il lato decadente, tutto sfumature, pianissimo, glissandi di Herbert von Karajan viene fuori in questa celebrata registrazione. Sono strumenti della sua visione tardoromantica la von Stade, Stilwell, Van Dam, Raimondi e i Berliner Philharmoniker (3 cd Emi, lire 100 mila).
DONIZETTI. "Lucia di Lammermoor". In una fredda serata berlinese del '55 l'atmosfera si riscaldò grazie alla vibrante, pirotecnica, virtuosistica interpretazione di Maria Callas (il suo "Soffriva nel pianto" fa accapponare la pelle), accompagnata dal fedele Di Stefano e da Panerai e Zaccaria guidati dalla mano sapiente di Herbert von Karajan (2 cd Emi, lire 60 mila).
DONIZETTI. "L'Elisir d'amore". Accensioni ritmiche, abbandoni, ironia. James Levine raffina, dopo diciotto anni dalla "prima volta discografica" il Nemorino di Luciano Pavarotti. Di classe assoluta le spiritose prestazioni di Enzo Dara e Leo Nucci (Dulcamara e Belcore). Unica pecca Katleen Battle, una scialba Adina (2 cd Dgg, lire 70 mila).
DVORAK. Le nove sinfonie. Istvan Kertesz fu artefice della riscoperta delle prime quattro sinfonie del ceco, ristabilendo il fatidico numero di "nove". Queste incisioni con la London Symphony Orchestra hanno tutto l'entusiasmo del pioniere (6 cd Decca, lire 120 mila).
DVORAK. Concerto per violoncello e orchestra. L'arcata di Mstislav Rostropovic sa essere ora potente (nella cadenza del primo tempo) ora irresistibilmente dolce (nel tempo lento). Una gara per l'eccellenza fra il russo e i Berliner Philharmoniker diretti da Herbert von Karajan (cd Dgg, lire 30 mila).
ELGAR. "The dream of Gerontius". Un oratorio in stile mendelssohniano alla fine dell'Ottocento? Il visionario compositore inglese, a modo suo, ha scritto una fondamentale tappa della musica sacra. Richard Hickox a capo dei complessi londinesi ne ristabilisce l'autorità (2 cd Chandos, lire 70 mila)
FAURE'. Requiem. L'acustica della chiesa di San Eustachio, a Montreal, si presta a creare l'atmosfera concentrata e distesa necessaria per apprezzare questo capolavoro. L'orchestra del capoluogo canadese diretta dal suo direttore stabile, Charles Dutoit, si avvale delle prestigiose presenze vocali di Kiri Te Kanawa e Sherrill Milnes (cd Decca, lire 35 mila).
FRANCK. Sinfonia in re minore. In via eccezionale a capo dell'Orchestre de Paris, Herbert von Karajan prende terribilmente sul serio questo capolavoro, privilegiandone le affinità con il wagnerismo e Anton Bruckner (cd Emi, lire 25 mila).
GERSHWIN. "Porgy and Bess". La produzione diretta da sir Simon Rattle, proveniente dal festival di Glyndebourne, nonostante la seriosità della London Philharmonic e i cantanti White, Haymon e Blackwel, ci dona un'atmosfera fra lo spontaneo e l'improvvisatorio degna del jazz (3 cd Emi, lire 110 mila).
GLUCK. "Orfeo ed Euridice". Questo capolavoro, che segnò una vera e propria rivoluzione nel dramma musicale, in reazione al virtuosismo galante, non poteva avere interpretazione più lucida, secca, intimista di questa di John Eliot Gardiner (protagonisti canori Derek Lee Ragin, Sylvia McNair, Cyndia Sieden, il Monteverdi Choir e l'English Baroque Soloist, in due cd Philips, lire 70 mila).
GRIEG. "Peer Gynt". Herbert von Karajan è tornato più volte, negli anni, a queste suite (numero uno e due) dalle musiche di scena di Ibsen. I vasti paesaggi, i lunghi silenzi, le raffinatezze timbriche del Nord, come ha poi dimostrato con Nielsen e Sibelius, si addicevano a lui e ai Berliner Philharmoniker (Cd Dgg, lire 25 mila).
HAENDEL. Concerti grossi opera 3 e opera 6. La fastosità, l'ampio spettro sonoro, si addicono alla Academy of St Martin in the Fields diretta da Neville Marriner (3 cd Decca, lire 80 mila).
HAENDEL. "Il Messia". A molti, in tempi di estremismi filologici, potrà apparire ultradata questa esecuzione di sir Thomas Beecham con tanto di clarinetti e piatti della Royal Philharmonic. Tutto suona forse eccessivamente pompieristico, ma nondimeno assai affascinante (3 cd Rca, lire 80 mila). Altrimenti, ci si puù rivolgere ai più scrupolosi Trevor Pinnock con l'English Concert & Choir (due cd Archiv, lire 70 mila).
HAYDN. Le sinfonie londinesi (numero 93 - 104). Fra le versioni iperomantiche di Karajan e quelle con gli strumenti originali tipo Brüggen si situa quella di Colin Davis a capo dell'orchestra Concertgebouw di Amsterdam. Calda, atmosferica, ma allo stesso tempo agile, nervosa (due doppi cd Philips, lire 70 mila).
HAYDN. "La Creazione", oratorio. Squadra di solisti straordinaria, quella messa insieme da Karajan nel '69: Janowitz, Ludwig, Wunderlich, Krenn, Fischer-Dieskau, Berry più, ovviamente, i fidati Berliner Philharmoniker (2 cd Dgg, lire 50 mila).
HILDEGARD von BINGEN. Antifone, Responsori, Sequenze. Questa musicista (e santa!) del dodicesimo secolo è una delle riscoperte più affascinanti di questi anni. L'ensemble Sequentia diretto da Barbara Thornton vuole registrarne l'opera superstite e in questo volume (il terzo, cd Harmonia Mundi, lire 35 mila) ne è l'avvocato più entusiasta e convincente.
HINDEMITH. "Mathis der Maler". Per il tedesco, vero e proprio "re del contrappunto" di questo secolo sono indispensabili la lettura analitica, la trasparenza di tessitura dell'Orchestra Sinfonica di San Francisco diretta da Herbert Blomstedt (cd Decca, lire 35 mila).
HOLST. "I pianeti". La fierezza di Giove, la bellicosità di Marte, la lussuria di Venere animano ottoni, timpani e archi dei Berliner Philharmoniker diretti da Herbert von Karajan (cd Dgg, lire 37 mila).
LISZT. "Les Preludes". Ancora Herbert von Karajan e i Berliner Philharmoniker in versione guerriera: clangore di ottoni, tube, timpani, piatti in gran spolvero. Interpretazione da aficionados del Cinemascope (cd Dgg).
LISZT. I due concerti per piano e orchestra. Nei momenti tempestosi Sviatoslav Richter dà un'impressione di forza assolutamente impressionante. Ci sono degli accordi "pesanti" (magari ottenuti con ineleganti posizioni, sforzando persino i gomiti) che stupiscono per lo scultoreo rilievo sonoro. In pieno feeling con il suo partner, Kyrill Kondrashin, a capo dell'Orchestra Sinfonica di Londra (cd Philips, lire 25 mila).
MAHLER. "Das Lied von der Erde". Fritz Wunderlich, grandissimo tenore, prima che la sua vita fosse stroncata a trentasei anni da un incidente automobilistico, fece in tempo a lasciarci questa vitalistica, elegante interpretazione. C'è poi "Der Abschied" (l'utimo Lieder della raccolta) cantato in manera estenuante, iperdecadente, delibato nota per nota da Christa Ludwig. E su tutto la bacchetta di Otto Klemperer, pupillo dell'autore (cd Emi, lire 25 mila)
MAHLER. Le sinfonie. Da Kubelik a Solti, da Tennstedt ad Haitink, da Abbado a Maazel, sono tanti i direttori che hanno registrato l'opera sinfonica. Ma, giustamente, l'immaginario collettivo associa la figura del musicista boemo a Leonard Bernstein. La sua seconda integrale (quella Dgg in 13 dischi, circa 300 mila lire) contiene splendide esecuzioni (a parte forse l'ottava, che fu ricavata da un video d'un ventennio prima, essendo lui morto nel frattempo).
MENDELSSOHN. Terza ("Scozzese") e Quarta ("Italiana") sinfonia. Claudio Abbado con la London Symphony Orchestra dà luogo a un ideale cocktail fra musicalità latina e disciplina strumentale anglosassone (cd Dgg, lire 25 mila)
MENDELSSOHN. Concerto per violino e orchestra in mi minore. Yehudy Menuhin all'inizio degli anni Cinquanta era al top della forma: cavata dolcissima, vibrato di grande espressività. E poi in questo disco è accompagnato da Wilhelm Furtwängler, in un azzeccato abbinamento con il Concerto per violino di Beethoven. Peccato che la registrazione sia mono, anche se buona (cd Emi, lire 25 mila).
MONTEVERDI. "Orfeo". Il primo capolavoro della storia dell'opera ha nel New London Consort diretto da Pickett (con le voci di Ainsley, nel ruolo del titolo, e Gooding, Bott) interpreti che non si appiattiscono sulla riproduzione scrupolosa dei suoni originali, ma "creativi", con effetti drammatici ben focalizzati da un'ottima registrazione (2 cd L'Oiseau Lyre, lire 70 mila).
MOZART. "Don Giovanni". Fra tanti estremi interpretativi, dalla visione demoniaca di Furtwängler a quella zelantemente filologica di Gardiner, la classica, saggia, convincente (e che privilegia l'italianità del bel cantare) via di mezzo è rappresentata dalla versione di Carlo Maria Giulini (con un bel cast formato da Waetcher, Sutherland, Schwarzkopf, Sciutti, Alva, Taddei, Capuccilli e la Philharmonia Orchestra, in tre cd Emi a 11O mila lire).
MOZART. "Il Flauto Magico". L'aria della Regina della Notte cantata da Lucia Popp basterebbe da sola a dare a questa registrazione lo status di classico. Ma del buono loro ce lo mettono pure la Janowitz, Putz, Gedda, Berry, Frick, la Schwarzkopf e la Ludwig diretti da Klemperer (2 cd Emi, lire 60 mila).
MOZART. Sinfonie numero 35-41. Passano gli anni ma nessuno scalza Bruno Walter e la Columbia Symphony Orchestra dalla vetta delle interpretazioni. Il suo è un Mozart preromantico, pervarso dal sacro fuoco: basterebbe ascoltare il primo movimento della sinfonia in sol minore. Ma con oasi di religiosa pace (l'Andante cantabile della "Jupiter") (3 cd Sony, lire 75 mila).
MOZART. Requiem. Una delle edizioni più commoventi è quella Hans Gillesberger, che si avvale di prime parti e cori di voci bianche (Vienna Boys' Choir) e del tenore Kurt Equiluz. Con i complessi dell'Opera di stato di Vienna crea un'atmosfera di rarefatta purezza spesso ignorata da esecuzioni o troppo ridondantemente romantiche o troppo asetticamente filologiche (cd Bmg, lire 10 mila).
MOZART. I 27 concerti per pianoforte e orchestra. Sono tante le integrali prestigiose: quelle di Ashkenazi, Perahia, Barenboim, Schiff, per fare alcuni nomi. Ma quella di Geza Anda, che modera il romanticismo emergente anche grazie al garbo del lavoro di concertazione con l'elegantissima Camerata Mozarteum di Salisburgo, resiste ancora in una posizione di assoluto rilievo e a un prezzo decisamente vantaggioso (10 cd Dgg, lire 180 mila).
MUSSORGSKY. "Boris Godunov". Edizione curatissima, quella di Abbado, con l'inserimento della scena di San Basilio all'inizio dell'atto quarto. Suggestivo Anatoly Kotcherga nel ruolo del titolo. Gli fanno da contraltare Leiferkus, Lipovsek, Ramey, Nikolsky, Langridge e i Berliner Philharmoniker (3 cd Sony, lire 120 mila).
NIELSEN. Le sei sinfonie. Herbert Blomstedt e l'Orchestra sinfonica di San Francisco dominano questa corrusca materia con grande classe. Fiati e timpani scandiscono con precisione da certosini la recente riscoperta di uno dei più grandi sinfonisti d'inizio secolo, fra Sibelius e una sorta di classicismo prestravinskiano (3 cd Decca, lire 100 mila).
OFFENBACH. "Les Contes d'Hoffmann". Placido Domingo e una straordinaria Joan Sutherland (in ben quattro ruoli: Olympia, Giulietta, Antonia e Stella) paiono divertirsi nell'assumere le sembianze ora di spettri ora di marionette (in due cd Decca, lire 70 mila).
ORFF. "Carmina Burana". Dietrich Fischer Dieskau e Gundula Janowitz sotto la bacchetta di Eugen Jochum abbandonano i consueti abiti seriosi per scatenarsi in una interpretazione provocante, spudorata, dove il goliardico si mischia all'osceno. (cd Dgg, lire 25 mila).
PAGANINI. 24 capricci opera 1. Salvatore Accardo domina ancora il repertorio. Oltre le difficoltà tecniche superate con il sorriso sulle labbra, colpisce il suo tentativo di restituirci questa materia incandescente attraverso l'ottica del belcanto (cd Dgg, lire 25 mila).
PALESTRINA. Missa Papae Marcelli. Il capolavoro della musica contrappuntistica ha nel Coro della cattedrale di Westminster diretto da David Hill interpreti che sanno unire alla perfezione esecutiva un senso della maestosità frutto anche di un sapiente utilizzo dei microfoni (cd Hyperion, lire 35 mila).
PERGOLESI. Stabat Mater. Forse Margaret Marshall, Lucia Valentini Terrani e la London Symphony Orchestra diretti da Claudio Abbado non saranno molto rispettosi della filologia. Questo capolavoro sacro d'inizio Settecento a tratti sembra essere attraversato da un atteggiamento belcantista che non gli è consono. Ma il fenomeno musicale è percepibile in tutta la sua profondità (cd Dgg, lie 37 mila).
PROKOFIEV. "Romeo e Giulietta", balletto completo. Previn per l'eleganza, ma Lorin Maazel e la splendida Cleveland Orchestra per la trasparenza di suono, la precisione degli interventi delle prime parti, la bontà della registrazione (2 cd Decca, lire 50 mila).
PROKOFIEV. Le sinfonie. Neeme Järvi e l'Orchestra nazionale scozzese sanno far vibrare le corde del pathos drammatico (nella Quinta sinfonia) e quelle dello humour (nella Prima, "Classica"), avvicinando il loro suono alla fondamentale ambiguità del russo, divisa fra istanze tardormantiche e ricerca di una personale espressione artistica (4 cd Chandos, lire 100 mila).
PUCCINI. "Boheme". I cantanti sono di prima grandezza (Mirella Freni e Luciano Pavarotti) ma la star qua è Karajan. La sua orchestra (i Berliner Philharmoniker) sussulta, freme, s'invola e, soprattutto, canta. Canta come solo Puccini sapeva far cantare e come solo Karajan sapeva interpretare (2 cd Decca, lire 70 mila).
PUCCINI. "Tosca". Qui Maria Callas è d'obbligo. Il suo "Vissi d'arte" è da antologia, con un dominio dell'emissione a tutt'oggi insuperato. E la registrazione è ancor più indimenticabile se ad accompagnarla è quel grande e un po' dimenticato direttore che era Victor De Sabata (con loro di Stefano, Gobbi e la Scala di Milano in due cd mono della Emi, a lire 70 mila).
PURCELL. "Dido and Aeneas". Raymond Leppard ritorna (nell'85, dopo la volta '77) al capolavoro della musica inglese. Convincendo ancor più grazie alla compagnia di Marie McLauglhlin, Thomas Allen, Patricia Kern e l'English Chamber Choir and Orchestra. Egli usa strumenti moderni, e la sua è un'interpretazione molto personale, forse poco corretta filologicamente. Ma soprattutto si avvale di Jessye Norman (nel ruolo del titolo), con la sua voce possente nei momenti più concitati e i conturbanti "pianissimo" in quelli intimisti (cd Philips, lire 25 mila).
RACHMANINOV. I quattro concerti per piano e orchestra. Earl Wild, allievo di Egon Petri, esecutore con Toscanini della Rapsodia in Blue di Gershwin, è in questi brani "di casa" con quel non so che di kitch che non dispiace, almeno in questi brani (superabile solo dall'autore, in incisioni però troppo datate). Se poi assieme a lui c'è la Royal Philharmonic Orchestra diretta da quel grande direttore mahleriano che è Jascha Horenstein, siamo all'esecuzione di riferimento difficilmente eguagliabile (2 cd Chandos, lire 60 mila).
RAVEL. Concerto in sol. Arturo Benedetti Michelangeli interpreta il francese attraverso gli occhi di Saint-Saens: manieristicamente. Con vivo senso del teatro sciorina mordenti, trilli, arpeggi, assecondato dall'orchestra Philharmonia diretta da Ettore Gracis (cd Emi, lire 30 mila).
RAVEL. "La valse". Sotto la direzione di Herbert von Karajan il capolavoro del francese potrebbe servire come epitaffio della danza austriaca e addirittura di un'epoca nella storia della musica. Qui l'atteggiammento straussiano, decadente, è fondamentale. Alla fine del brano il ritmo ternario sembra adombrarsi in quello di una marcia funebre (cd Emi, lire 25 mila)
RIMSKI-KORSAKOV. "Sheherazade". Che accoppiata quella formata da Fritz Reiner e dalla Chicago Symphony! Più che russa, questa musica nelle loro mani diventa mitteleuropea. Il tema del sultano fa venir in mente Richard Strauss. Le sonorità marine più che l'esotico, rammentano l'"Olandese volante", i temi d'amore Gustav Mahler (cd Rca, lire 25 mila).
ROSSINI. "Barbiere di Siviglia". Vittorio Gui giustamente rivendicava a sè il merito di aver rinnovato la pratica esecutiva rossiniana, prima degli Abbado, dei Cagli e dei Festival di Pesaro. Ne è testimonianza questa fresca produzione del Festival di Glyndebourne (del '62, ma dalla resa sonora non si direbbe). Victoria de los Angeles è una Rosina intrigante quanto fascinosa (nel prestigioso cast Alva e Bruscantini).
ROSSINI. "Semiramide". L'opera in se è una delle tante bellissime del pesarese. Ma in questa registrazione abbiamo il trionfo del belcanto. Grazie alle due protagoniste, negli anni Sessanta al vertice della loro carrera: Joan Sutherland (nel ruolo del titolo) e Marylin Horne (il principe Arsace). Accompagna (e in questo caso si può far a meno di qualcosa di più) Richard Bonynge con la London Symphony Orchestra (3 cd Decca, lire 70 mila).
SAINT-SAENS. "Il Carnevale degli animali". Un pezzo dove i suoni onomatopeutici la fanno da padrona, dove pianisti, manager musicali, critici vengono appaiati in una lunga serie di ritratti da "fantasia zoologica". La Decca lo presenta sotto la spiritosa bacchetta di Charles Dutoit in un doppio album dal titolo "The essential Saint-Saens" che comprende anche la Terza sinfonia con organo, la "Danza macabra", il Terzo concerto e l'Havanaise per violino e orchestra, il Secondo concerto per piano e orchestra del musicista francese (2 cd Decca, lire 35 mila).
SCARLATTI Domenico. Antologia di sonate. Vladimir Horowitz fu tra i primi concertisti a portare nei propri recital (in versione pianistica, dal clavicembalo) questi brani. Quando il compositore voleva imitare la chitarra o la castagnetta, con i giouchi di mani incrociate, i salti, le acciaccature, arpeggi, trilli, mordenti e "gruppetti", probabilmente stava pensando a esecuzioni come quelle del russo, nonostante che non conoscesse il suono del pianoforte (cd Sony, lire 25 mila).
SCHOENBERG. "Verklärte Nacht". Meno male che lo spartito è lo stesso: ascoltate prima l'interpretazione di Pierre Boulez con l'Ensemble InterConteporain (cd Sony, lire 25 mila). Suoni secchi, algidi, melodie quasi artrofiche. Sembra una introduzione alle premesse della scuola atonale. Ascoltate lo stesso brano fra le mani di Herbert von Karajan: violini languorosi, violoncelli esitanti, atmosfere rarefatte: praticamente il dopo Mahler (cd Dgg, lire 36 mila).
SCHUBERT. Le 9 sinfonie. La Royal Concertgebouw Orchestra, sotto la guida di Nikolaus Harnoncourt sempre perdere peso, snellirsi. Il suo suono diventa nervoso, mordente. E le sinfonie del viennese paiono come nuove, rinfrescate da questa lettura. Questo per otto sinfonie, poi nella Nona, sorpresa, siamo di nuovo trascinati nella grandeur sonora dei direttori "epici" (4 cd Teldec, lire 120 mila).
SCHUBERT. Lieder. I tre grandi cicli, "Schwanengesang", "Die schöne Müllerin", "Winterreise" eseguiti dalla consacrata coppia formata da Dietrich Fischer-Dieskau e Gerald Moore. Nessun cantante come il tedesco ha mai avuto un rapporto di così totale osmosi con il viennese, registrandone più volte i capolavori; e l'inglese fu il principe dei suoi accompagnatori. Non una nota, non una frase sono privi di senso o di una precisa collocazione nella struttura complessiva (3 cd Dgg, lire 70 mila).
SCHUBERT. I due trii per piano, violino e violoncello. Il Trio Beaux Arts suona con eleganza, pudore, gioia di vivere questi brani, sottolineando, soprattutto nei tempi veloci, il lato apollineo del compositore (2 cd Philips, lire 35 mila). L'altro lato, quello irrequieto, tragico la fa da padrone nell'interpretazione del Trio formato da Eugene Istomin, Isaac Stern e Leonard Rose, con una drammatizzazione dei tempi lenti palpabile nella predominanza del timpro scuro del violoncellista (2 cd Sony, lire 50 mila).
SCHUMANN. Concerto per piano e orchestra. Radu Lupu suona con spensieratezza giovanilistica, senza forse la seriosità dell'accopiata Maurizio Pollini - Claudio Abbado (Dgg), ma con un sorriso mercuriale, un ardore che ci riporta al primo Romanticismo e alla lotta dell'autore contro i "filistei della musica". Con lui André Previn e la London Symphony Orchestra nella classica accopiata con il concerto di Grieg (cd Decca, lire 25 mila).
SCHUMANN. Le Quattro sinfonie. George Szell e l'Orchestra di Cleveland si immergono in queste ostiche (da interpretare) partiture. Non scelgono una iperomantica, maherliana via, come Bernstein con i Wiener Philharmoniker (2 cd Dgg); e neppure una leggera, dall'organico ridotto, mendelssohniana come l'Hannover Band diretta da Roy Goodman (2 cd Rca). Con ardore e convinzione battono la loro strada dando una prova di grande virtuosismo orchestrale e suonando con l'ensemble a pieno organico in maniera lirica, cameristica: con prime parti che intervengono solisticamente nei momenti intimistici e masse che partecipano come coralmente in un fitto dialogo (2 cd Sony, lire 50 mila).
SCIOSTAKOVIC. Le 15 sinfonie. L'edizione di Kirill Kondrashin ha senz'altro le affinità idiomatiche. Ma Bernard Haitink a capo della London Philharmonic e dell'Orchestra del Concertgebouw di Amsterdam ha una grande musicalità e soprattutto una incomparabilmente superiore qualità sonora della registrazione (11 cd Decca, lire 200 mila circa).
STRAUSS famiglia. Valzer e polke. I concerti di Capodanno vanno bene praticamente tutti: quando ci sono di mezzo i Wiener Philharmoniker invece del direttore basterebbe innestare il pilota automatico. Ma se si vuole qualcosa di più, ovvero l'arte con la A, bisogna avere il concerto del 1987, l'unico di Herbert von Karajan. Ci sono tutti i "must" della circostanza (da "An der schönen blauen Donau" alla "Radetzky march", più "Voci di primavera" con l'intervento solistico del soprano Kathleen Battle) e un uso di ritardandi e accellerandi, colori, "rubato" che certi brani sembra di ascoltarli per la prima (cd Dgg, lire 37 mila).
STRAUSS Richard. "Der Rosenkavalier". Saranno poco credibili i valzer in una Vienna del Settecento, ma Karajan, La Marescialla di Elisabeth Schwarzkopf, cesellatrice del fraseggio, l'Octavian di Christa Ludwig, dall'assoluta padronanza di emissione e la Sophie dall'argento vivo di Theresa Stich Randall, con la loro arte prodigiosa venderebbero i vasi a Samo (3 cd Emi, lire 110 mila).
STRAUSS Richard. "Vier letze Lieder". Un po' l'addio alla musica (e alla vita) del grande compositore. Atmosfere autunnali, dimesse ma serene: un addio borghese. Benissimo rese dal soprano Gundula Janowitz con Herbert von Karajan e i Berliner Philharmoniker (cd dgg, lire 25 mila).
STRAUSS Richard. "Also sprach Zarathustra". Uno dei primi stereo (nel '54), ma anche una delle più elettrizzanti "rese sonore" questa di Fritz Reiner a capo della Chicago Symphony. E, ovviamente, interpretazioni di assoluto riferimento: strumenti a fiato granitici, archi vellutati per un "climax" conturbante (cd Rca, lire 25 mila)
STRAVINSKI. "La Sagra della Primavera". Violenta, aggressiva, dalla velocità oggi inusitata, dai suoni quasi abrasivi la celebrata interpretazione di Antal Dorati della Minnesota Symphony Orchestra, volta a creare quella reazione di sconcerto che il brano dovette provocare alla prima parigina del 1913. Ottima la registrazione Mercury - Philips (lire 25 mila).
STRAVINSKI. "The Rake's progress". Dopo la seriosa prova dell'autore, Riccardo Chailly si avvicina a questo capolavoro con fare apparentemente sbarazzino, restituendocelo con il sorriso di un'operetta. Tutto ne risulta snellito, ripulito dando un impessione di freschezza. Dove l'orchestra (la raffinata London Sinfonietta) emerge in primo piano. Nel cast emergono il Nick di Samuel Ramey, il Tom di Philip Langridge, la Baba di Sarah Walker (2 cd Decca, lire 70 mila).
VERDI. "Traviata". Probabilmente i verdiani nostrani preferiranno le versioni della Callas o della Scotto. Ma questa di Carlos Kleiber ha il privilegio di dare al contributo orchestrale (qui l'Opera di stato Bavarese) un'inusitata rilevanza. Buoni senza essere indimenticabili i cantanti Cotrubas, Domingo e Milnes (2 cd Dgg, lire 70 mila.
VERDI."Fastaff". Registrazione un po' datata (1956), ma chi potrebbe, oggi, ricostruire un cast formato da Tito Gobbi (nel ruolo del titolo pare quasi una reincarnazione del personaggio) e Schwarzkopf, Zaccaria, Moffo, Panerai sostenuti dalla verve questa volta ironica di Herbert von Karajan (in due cd Emi, lire 70 mila)?
VERDI. Requiem. Tanti grandi l'hanno diretto in maniera egregia: Toscanini, Karajan, Giulini, Bernstein, Reiner, tanto per fare alcuni nomi. Ma l'interpretazione più commovente è quella di Ferenc Fricsay, in una "live performance" del 1960. I solisti (Stader, Dominguez, Carelli, Sardi) seguono l'itinerario introspettivo del direttore ungherese. C'è molto silenzio, concentrazione, amarezza, cupezza di toni, in questa esecuzione. Di lì a qualche mese il grande direttore ungherese sarebbe morto di cancro (2 cd Dgg, lire 40 mila).
VIVALDI. "Le Quattro Stagioni". A parte la tecnica strepitosa, Salvatore Accardo ha la brillante idea di utilizzare uno Stradivari diverso per ogni concerto o stagione, con risulti di caratterizzazione veramente interessanti. Lo accompagnano, in questa registrazione effettuata dal Festival di Cremona dell'87, i Solisti delle settimane musicali di Napoli (cd Philips, lire 25 mila).
WAGNER. "Tristano e Isotta". La Philharmonia di Londra non sarà stata un'orchestra dal suono wagneriano, i cantanti del cast saranno stati ora logori ora fuori forma (ma quanta classe in Kirsten Flagstad e in Suthaus, Thebom, Greindl, Fischer-Dieskau, in 4 cd Emi a lire 105 mila), la registrazione un po' datata (del 1952). Ma quando è la bacchetta di Furtwängler a spiccare il volo chiunque ama la musica è rapito in un volo senza tempo, dove la vicenda dei due amanti diventa simbolica della parabola delle passioni umane. E le quattro ore passano senza che se ne sia avuta coscienza.
WAGNER. "L'Anello dei Nibelunghi". Per i lirici Karajan. Ma per coloro che nel compositore tedesco cercano l'orgia sonora, l'epica, Georg Solti. Nonostante che sia stata la prima pubblicazione integrale della Tetralogia, non smette di colpire per gli straordinari effetti acustici (merito dei tecnici della Decca) e per il prestigioso cast vocale (fra gli altri Nilsson, Windgassen, Flagstad, Fischer-Dieskau, Hotter, London, Ludwig). 15 cd per un prezzo complessivo di 300-350 mila lire.



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